1417 Simona Grossi Articoli
2 agosto, 2018

L'aumento delle donne manager, una tendenza più che positiva

Tra le novità positive che ultimamente si registrano a livello di management aziendale quella riguardante l'aumento delle donne nel ruolo di manager è sicuramente la notizia che più mi inorgoglisce.

Le aziende e il lavoro sono decisamente mutati nel tempo, e si è reso per questo necessario prevedere un altro management. Con la necessità di condividere un nuovo concetto d’impresa, un'idea del potere come potenzialità, del management come responsabilità nei confronti dell'organizzazione e di tutte le persone che ne fanno parte, direttamente e non.

Diventano infatti sempre più numerosi gli studi a vantaggio di un management al femminile, come dimostra anche il rapporto del 2016 Unlocking female employment potential in Europe portato avanti addirittura da Christine Lagarde, dirigente del Fondo Monetario Internazionale. Da questo si evince addirittura che se la percentuale delle donne disoccupate trovasse un'occupazione, non solo la forza lavoro aumenterebbe del 6%, ma sarebbe il Pil a ricavarne un aumento del 12% in quindici anni[1].

Lo stesso lavoro ci dice poi che le aziende con una presenza più numerosa di donne nel management hanno una redditività più alta. Per ogni donna che sale ai livelli superiori del management o che entra nel board, cioè nel consiglio d'amministrazione, il profitto della società cresce dello 0,08/0,13%.

"Il nostro studio mostra come le donne siano in grado di riconoscere interamente il proprio potenziale, raggiungere i loro obiettivi e, infine, accelerare l’inclusione. Abbiamo la possibilità di affrontare le problematiche culturali ed organizzative e di dare ancora più potere alle donne che ricoprono ruoli di leadership" ha affermato Ann Cairns, presidente dell'International Markets di Mastercard che ha condotto lo studio Mastercard Index of Women Entrepreneurs lo scorso anno[2].

Una nuova prospettiva, quindi, che però a livello nazionale non è ancora stata assimilata. A oggi in Italia le donne dirigenti sono arrivate a ricoprire il 16,6% del totale nazionale e sono cresciute del 29,4% dal 2008, con gli uomini che nel frattempo registrano un calo del 9,7%. Una delle variabili più significative di questa rinascita è quella che vede il dato arrivare al 30,8% se andiamo a considerare la fascia d’età sotto i 35 anni, per arrivare al 28,2% con la soglia dei 40 anni[3].

Purtroppo siamo ancora decisamente lontani dagli standard accettabili, come ha sentenziato lo scorso anno Eurostat titolando In Europa, solo un manager su tre è donna il suo report all’International Women’s Day. Persiste, tra gli altri, ancora il problema del pay gap, che vede le donne con ruoli manageriali in Europa guadagnare addirittura 77 centesimi ogni euro in busta paga di un collega uomo[4].

Ma non è l'unico ostacolo di genere, la lista è lunga e comprende ancora uno stile di comunicazione maschile dominante, contesti troppo legati al presenzialismo, un difficile accesso a network informali, mentor e sponsor, così come un minore accesso a responsabilità e incarichi che permettano di sviluppare e dimostrare il potenziale al pari di standard più alti e compiti più rischiosi[5].

Cosa aggiungere, quindi? Spero che anche l'Italia possa a breve seguire l'esempio di Paesi più virtuosi e lungimiranti che hanno ormai assimilato la consapevolezza di quanti benefici apporterebbe un abbattimento di questi gap e una rinascita economica guidata dalle donne, perché si tratterebbe di una politica profittevole ma soprattutto doverosamente etica.

Simona Grossi